PRIMO MAGGIO: IL RITORNO DEI SINDACATI?

En el encuentro convocado en San Cristóbal de las Casas por el Ejército Zapatista de Liberación Nacional, la Universidad de la Tierra y la revista Contrahistorias para rendir homenaje al recientemente fallecido Andrés Aubry, participan el historiador

Traduzione di Resistenza Antisistema rivista ed approvata da Immanuel Wallerstein (testo originale)

Fino a non più tardi della prima metà del diciannovesimo secolo, organizzare i sindacati era un’idea piuttosto radicale. Erano illegali quasi ovunque. Per questo, nella seconda metà del secolo, in alcuni paesi europei, negli Stati Uniti e in Australia, il ritiro delle leggi che li proibivano fu da intendersi come una concessione alle pressioni dei lavoratori, principalmente lavoratori urbani, nella speranza e nell’aspettativa che la classe operaia sarebbe stata meno radicale nelle proprie richieste.Nella maggior parte dei paesi i sindacati lavoravano al fianco dei i partiti socialisti e laburisti che prendevano vita nello stesso periodo. I sindacati si trovavano ad affrontare molti degli stessi problemi di strategia di questi partiti. Il più importante di questi problemi era se e in che modo avrebbero partecipato ai processi elettorali. Come sappiamo, molti di loro decisero che avrebbero dovuto partecipare e cercare il potere all’interno delle strutture statali.

In aggiunta, così come i socialisti e i laburisti, i sindacati decisero che l’unico modo per diventare forti sarebbe stato utilizzare personale a tempo pieno, il che significò la creazione di una burocrazia che gestisse l’organizzazione. Come per tutte le burocrazie, chi deteneva tali ruoli si trovò ad avere interessi politici e materiali che non erano necessariamente gli stessi dei propri iscritti.

I sindacati si orientarono verso lo Stato, in particolare dal momento in cui le loro organizzazioni vennero definite come organizzazioni nazionali. Di solito proclamavano un internazionalismo nominale (solidarietà con i sindacati di altri paesi). L’internazionalismo, tuttavia, ebbe sempre il secondo posto rispetto alla protezione degli interessi dei lavoratori e dei sindacati nel loro stato.

Anche se i sindacati attenuarono le loro azioni più radicali, gli imprenditori erano ancora restii al loro ingresso nelle imprese. I sindacati dovettero lottare incessantemente sia per ottenere la legislazione che gli avrebbe permesso di organizzarsi sia per ottenere accordi favorevoli nelle contrattazioni con gli imprenditori. Poco a poco divennero più forti.

I 25-30 anni successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale furono estremamente positivi per i sindacati di tutto il mondo. Il numero e la percentuale dei loro iscritti  aumentò, così’ come aumentarono i benefici che avrebbero potuto ottenere dagli imprenditori. L’incredibile espansione dell’economia-mondo durante questo periodo generò una crescita significativa nei profitti capitalisti. Questo significò che, per molti industriali, qualunque tipo di interruzione della produzione sarebbe stato molto più costoso dell’accettare le richieste dei sindacati per benefici maggiori.

Questa situazione molto favorevole aveva però un prezzo. I sindacati in genere ripudiarono tutte le restanti attività e retoriche radicali, sostituendole con diverse modalità di cooperazione con gli industriali e con i governi. Inclusa la garanzia di non scioperare per la durata degli accordi siglati.

I sindacati dei paesi più ricchi si trovarono quindi politicamente e psicologicamente impreparati per la recessione mondiale e la stagnazione nell’accumulazione di capitale successive agli anni ’70. Gli industriali dei paesi più ricchi (e, più generalmente, la destra mondiale) smisero di accettare le richieste dei lavoratori per benefici maggiori. Al contrario, cercarono di ridurre tali benefici utilizzando, come arma principale, la minaccia della delocalizzazione della produzione. E promossero legislazioni antisindacali.

A livello generale, negli ultimi quarant’anni, questa campagna antisindacale ha avuto successo. I sindacati hanno combattuto e spesso perso la battaglia per conservare i benefici ottenuti. Gli stipendi si sono abbassati. Gli iscritti si sono nettamente ridotti. I sindacati spesso hanno reagito divenendo ancora più accomodanti alle richieste degli industriali. Non sembra che questo abbia aiutato molto.

Nel frattempo, nei paesi intorno ai quali gravitava la produzione industriale (recentemente chiamati paesi “emergenti”), la iniziale repressione dei sindacati  portò ad una loro radicalizzazione e alla loro partecipazione agli sforzi per il rovesciamento dei regimi oppressivi (Corea del Sud, Sud Africa, Brasile). I sindacati si allearono ai partiti di centrosinistra, che infine ottennero il potere in questi paesi. Tuttavia, una volta che questi furono al potere, i sindacati attenuarono le loro richieste più radicali.

La cosiddetta crisi finanziaria dal 2007 ha cambiato tutto. Il mondo ha visto l’emergere di nuove forme di movimenti radicali come Occupy, gli Indignados, Oxi e altri. Improvvisamente abbiamo visto i sindacati rispondere con nuovo vigore e partecipare alla sommossa generale della classe dei lavoratori, in particolar modo poiché l’attacco ai sindacati era uno degli impegni continui delle forze politiche di destra.

Ma ecco spuntare un nuovo dilemma. Le culture dei nuovi movimenti radicali e quella dei sindacati erano abbastanza diverse. I nuovi movimenti erano “orizzontali”, cioè credevano in movimenti dal basso non orientati allo Stato ed evitavano di creare gerarchie organizzative. I sindacati erano “verticisti” ed enfatizzavano la pianificazione, la disciplina e le tattiche bilanciate, coordinate dalle strutture centrali.

Eppure, ovviamente, collaborare era negli interessi sia dei sindacati che dei nuovi movimenti radicali, o almeno questo era quello che pensavano molti di loro. Ma cosa significava collaborare? Quale delle due culture avrebbe prevalso nella cooperazione? Questo argomento è stato oggetto di un forte dibattito da entrambi i lati, dibattito tra alcuni che sono intransigenti e altri che stanno cercando il modo di unire le forze.

La potenza delle forze orizzontali risiede nella possibilità di impiego delle energie e degli sforzi di persone che fino ad oggi erano rimaste passive, per via di una sensazione di impotenza politica o per una mancanza di chiarezza su cosa stava succedendo e su cosa si poteva ottenere. Non c’è dubbio alcuno sul fatto che così facendo i movimenti orizzontali hanno, fino ad ora, avuto successo, grazie a una visione strategica sul lungo periodo più chiara di quella dei sindacati.

La potenza dei sindacati risiede nel fatto che possono mobilitare un gruppo di persone relativamente disciplinato e una quantità di denaro relativamente significativa da impiegare nelle battaglie quotidiane che vengono combattute nelle comunità di tutto il mondo. Hanno una visione tattica sul breve periodo più chiara di quella dei movimenti orizzontali.

Il Primo Maggio celebra questa storica lotta. Nel Maggio del 1886 in Haymarket Square a Chicago, durante una manifestazione sindacale a favore della giornata lavorativa di 8 ore, qualcuno lanciò una bomba e i fatti successivi causarono la morte di alcuni poliziotti e civili. Lo Stato accusò gli “anarchici” e ne impiccò alcuni. Haymarket divenne un simbolo in tutto il mondo per il nascente movimento sindacalista che indisse così il Primo Maggio per ricordarlo (ovunque tranne che negli stessi Stati Uniti). Gli “anarchici” furono in realtà accusati ingiustamente e la storia li ha assolti. Nonostante le loro richieste “radicali” di una giornata lavorativa di 8 ore, i sindacati uscirono rafforzati nel loro tentativo di organizzarsi.

Vedremo se il Primo Maggio del 2012 avrà riunito le ali orizzontali e verticiste della lotta contro le ineguaglianze del sistema-mondo esistente. Solo la combinazione di un movimento sindacale radicale e di un movimento orizzontale disciplinato  tatticamente farà si che entrambi ottengano i propri obiettivi.

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