Aspettiamoci qualcosa di grosso

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L’economia mondiale si avvicina sempre più al muro della strada senza uscita imboccata seguendo le folli indicazioni neoliberiste. Tutte le strategie che sono state provate fino ad oggi per risolvere la crisi, dalle mega iniezioni di liquidità all’austerity, si sono rivelate fallimentari (vedi qui). Per buona pace degli utopisti liberali il mercato ancora una volta non si è autoregolato e l’economia mondiale non è ripartita, questo semplicemente perché il capitalismo è la crisi, stateci.

Al fallimento del piano imperiale della finanza anglo-americana, dobbiamo aggiungere il rapido crollo di tutto l’impianto che ha retto per 70 anni la Pax Americana, sia da un punto di vista economico che politico. Il dollaro come valuta di riserva e l’ONU come risolutore dei conflitti interstatali sono l’esempio palese di alcuni degli impianti che favorivano l’egemonia americana e che oggi sono sotto attacco: sul primo, come conseguenza della sfrenata stampa di moneta, nessuno è più disposto a scommettere ed è già cominciata la sua sostituzione in vari scambi internazionali; il secondo è ormai messo in discussione dagli stessi americani, il giocattolo gli è sfuggito di mano.

Bisogna però riconoscere che, nella partita per il dominio mondiale, le carte in mano agli USA sono ancora molte (con USA ci riferiamo solo ai pochi ed organizzati sfruttatori in grado di controllarne l’apparato statale). Ora analizzeremo brevemente le tre carte che riteniamo le più importanti in suo possesso: l’esercito, la struttura di dominio mondiale e il controllo delle leve economiche e finanziarie.

Le forze armate sono sicuramente ancora il jolly di Zio Sam, essere l’unico stato al mondo in grado di bombardare con testate nucleari qualsiasi angolo del mondo in tempi brevissimi non è un vantaggio che si può sottovalutare. Senza dimenticare che, ancora nel 2012, gli Stati Uniti destinano più fondi alla difesa di Russia, Cina e Unione Europea messe insieme.

La struttura di dominio mondiale è la rete di potere che gli permetteva di gestire la politica degli stati sottomessi, dagli accordi pubblici tra Stati alla NSA (National Security Agency) e la sua rete di spionaggio mondiale, dal controllo dei media all’utilizzo di partiti e politici “stranieri”. L’Europa è l’esempio più eclatante di questo fenomeno, al suo interno si combatte una dura battaglia tra vecchi poteri legati alla finanza americana e poteri “nazionalisti” legati ad interessi prettamente europei. Questa lotta la possiamo vedere sia nei nostri singoli Stati che a livello delle politiche complessive del vecchio continente.

L’ultima carta è il controllo delle leve del sistema economico e finanziario: è il potere dettato, per esempio, dal controllo della moneta su cui si basano gli scambi internazionali oppure dall’essere in grado di influenzare le fluttuazioni degli “spread” o dall’uso dei rating e dei “comunicati ufficiali” per fucilare Stati avversari. Poter muovere queste leve a piacimento è un’arma formidabile, anche se la sua efficacia è in calo.

Ognuna di queste tre carte viene e verrà sempre di più usata dagli USA come disperato tentativo di conservare un potere che ormai non gli appartiene più. Nessuna carta è indipendente dalle altre ma ognuna di loro agisce su piani differenti. Dalla loro interazione possiamo supporre alcune strategie che potrebbero permettere a chi le ha in mano di superare a proprio vantaggio lo stallo attuale.

La guerra è da sempre, nelle contese tra uomini e stati, la soluzione maggiormente adottata nella storia della nostra specie ed anche ai giorni nostri non si può escludere il suo utilizzo a priori, dalla Siria alle isole contese tra Giappone e Cina i possibili focolai sono molti. La distruzione che genererebbe un conflitto nucleare è sicuramente un buon deterrente ma è un errore considerarla come una garanzia assoluta. Una guerra su vasta scala rimane una delle possibilità in mano agli americani per risolvere il problema del loro debito, cosi come quello di ridefinire i rapporti di forza mondiali oggi rimessi in discussione. In questo momento la superiorità militare americana è assoluta ma tra qualche anno non sarà più cosi, aspetteranno o giocheranno d’anticipo?

La rete del potere permette una delle più subdole ma efficaci strategie: il sabotaggio dall’interno degli Stati. Manovrare i governanti, le opposizioni o i principali media degli Stati “alleati” e nemici è stata forse l’opzione più usata in questi anni di crisi e non solo. Dal Medio Oriente al Sud America passando per l’Europa, i fili del potere americano muovono marionette contro gli interessi dei loro stessi stati. La partita dell’Inghilterra è l’esempio più calzante: anche se da un punto di vista geografico ed economico (per l’ovvia facilità negli scambi commerciali) apparterrebbe all’Europa, il “potere” inglese legato alla City e a Wall Street si oppone apertamente a qualsiasi passo in avanti verso l’unificazione, con continui attacchi all’euro e attraverso l’uso di tattiche da “guerriglia” per sabotare la riuscita di meeting e la firma di trattati, si sta scavando la fossa. Non è detto (ma è molto probabile) che l’euro e l’Europa superino la crisi, è invece sicuro che quando si paleserà anche la crisi dell’Inghilterra nessuno andrà in suo soccorso, agli Usa mancano le possibilità e all’Europa la volontà politica.
Il problema per il vecchio impero è che con l’aumentare della crisi le sue marionette perdono sempre più potere rispetto ai loro concorrenti “nazionalisti” (sia europei che dei singoli stati).  L’Europa, la Cina e la Russia, con le loro rispettive zone d’influenza, si stanno sempre di più trasformando in macroblocchi indipendenti tra loro ed in competizione per la successione egemonica agli USA.

La strategia possibile dall’uso della terza ed ultima carta potrebbe rivelarsi la più utile nel breve, caotico, periodo. Quando tutte le opzioni per salvaguardare lo status quo sono state già provate senza effetti, il banco, sfruttando la sua posizione, potrebbe pensare di far saltare il gioco. Il controllo delle principali leve del sistema economico potrebbe dare il vantaggio agli Stati-Uniti di sapere come, e soprattutto quando, uscire avvantaggiato da una sua distruzione. Perché chi ha fondato un impianto di regole mondiali a proprio vantaggio dovrebbe tollerare che gli si rivoltino contro? Se fino ad oggi gli USA hanno imposto all’economia mondiale cambi flessibili, domani potrebbero ritenere conveniente tornare a cambi fissi (con un possibile modello simile a quello cinese), se il suo debito pubblico finalmente si rivelasse del tutto insostenibile potrebbero inventarsi una buona scusa per non ripagarlo, insomma dubitiamo che il vecchio imperatore americano assista passivamente alla sua fine senza sfruttare appieno tutte le strategie possibili dall’intreccio delle sue ancora potenti carte.

Aspettiamoci, quindi, qualcosa di grosso.


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